lunedì 28 luglio 2008

Le radici dell'odio

Il 26 luglio Ahmedabad, capitale economica dello Stato indiano del Gujarat, è stata dilaniata da 17 attentati, che hanno ucciso almeno 49 persone. Perché proprio Ahmedabad, una città industriale mai balzata agli onori delle cronache, se si eccettua il tragico terremoto del 2001? Ho notato che la maggior parte delle testate giornalistiche non ha approfondito il tema e, pur conscio del fatto che la mia analisi potrebbe non rivelarsi definitiva, voglio assumermi tale onere, a beneficio dei miei (pochi) lettori.

Tralasciando i ben noti avvenimenti della
Partition del 1947, quando fu sancita la divisione dell'India britannica in due nazioni, le odierne Bharat (il vero nome dell'India) e Pakistan, da cui nel 1971 si separò il Bangladesh, per capire quanto successo il 26 luglio 2008 bisogna fare un balzo indietro fino al 1980, anno in cui venne fondato il Bharatiya Janata Party, il Partito del Popolo Indiano. Ispirato alle teorie dell'Hindutva, il BJP rappresenta la voce del nazionalismo (e in molti casi del razzismo) Hindu ed ha governato il Paese dal 1998 al 2004, sotto la Guida di Atal Bihari Vajpayee, generando in molti, tra cui il Premio Nobel Amartya Sen (di cui consiglio, per capire meglio l'Hindutva, il saggio "The Argumentative Indian") il timore che lo Stato indiano, laico fin dalla sua fondazione, potesse trasformarsi in una teocrazia induista. Fortunatamente, le paure di molti non si sono concretizzate e l'India ha proseguito nel suo percorso prettamente laico.

Per capire l'altro fattore che ha dato origine agli attentati di Ahmedabad bisogna fare un altro balzo all'indietro, fino al XVII secolo, quando Babur, primo imperatore della dinastia Moghul, fece costruire ad Ayodhya una Moschea su quello che veniva considerato il luogo di nascita di Rama, uno dei principali "semidei" del Pantheon induista. Ciò nonostante, per secoli sia Induisti che Musulmani pregarono indistintamente nel sito, in una pacifica convivenza. Quattrocento anni dopo, nel 1992, un gruppo di fondamentalisti Hindu, sicuramente influenzati dalle teorie dell'
Hindutva, decisero di rimediare a quello che loro consideravano un insulto alla civiltà Hindu, demolendo la Babri Masjid e riportando alla luce il tempio che celebrava la nascita di Rama. In un nuovo clima di odio tra Hindu e Musulmani, i fatti di Ayodhya portarono a diversi scontri, verosimilmente fomentati da attivisti del BJP e dell'Hindutva.

Su tale scia, più di dieci anni dopo, Ahmedabad fu paralizzata per un mese dagli scontri tra Induisti e Musulmani. In tale scenario emerge la figura forse chiave per capire quanto successo pochi giorni fa:
Narendra Modi, Chief Minister del Gujarat, considerato uno dei più strenui sostenitori dell'Hindutva. Accusato da molti, incluso il Dipartimento di Stato americano, di aver deliberatamente ignorato, se non addirittura appoggiato, le violenze del 2002, Modi è oggigiorno oggetto di forti attacchi sia all'interno del Paese che all'estero, nonostante sia stato riconfermato al potere nel 2005.

Quindi gli attentati ad Ahmedabad, cuore economico di uno Stato a forte matrice induista, potrebbero essere un monito, per ricordare tragicamente a Modi e ai suoi che non possono aspirare a realizzare l'ideologia dell'Hindutva nel governare il Gujarat? Forse il monito va inteso come diretto a tutti i nazionalisti Hindu, in ogni parte dell'India: "se possiamo colpirvi nella vostra roccaforte, possiamo farlo ovunque".
L'eredità di un altro figlio del Gujarat è messa un'altra volta a repentaglio.

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