domenica 24 febbraio 2008

Brutte compagnie

Ho scoperto, con sommo orrore, che Blogspot, oltre a me, ospita un personaggio nefando, il dottor Kevorkian della politica italiana, dai più a ragione disprezzato, vero Bramino nella Casta.

Questo ceppalonico essere firma i suoi post come sen. Clemente Mastella.

La mia paura, degna della trama di un film horror di serie Z, è che la presenza sullo stesso server dei due blog possa in qualche modo contagiarmi e rendermi uno zombie, pronto a tessere le lodi dell'UDEUR, arrivando a dire che meriterebbe la maggioranza dei seggi in entrambi i rami del Parlamento italiano. Se dovesse succedere, ricordate: per uccidere uno zombie bisogna colpirlo alla testa.

Fantastico I

L'immaginario collettivo del Novecento, grazie all'invenzione del genere Fantastico, ha riciclato probabilmente tutte le creature mitologiche e mitiche apparse in ogni angolo del pianeta e in ogni epoca. Per fare una breve carrellata di alcuni degli argomenti che mi piacerebbe approfondire nei prossimi post di questa rubrica, che dimostra perfettamente come i miei pensieri siano in troppa libertà:
  • H. P. Lovecraft, precursore del genere Fantastico, oltre ad aver inventato un Pantheon di divinità dai nomi impronunciabili come Chtulhu e Shub Niggurath, accomunate da una perversa crudeltà nei confronti del genere umano, riciclò la divinità cananea Dagon;
  • Bram Stoker riprese una leggenda diffusa soprattutto nell'Est Europa, grazie anche a quella gran donna di Erzsebet Bathory, la condì con la figura storica di tale Vlad Tepes, noto impalatore, ed ottenne Dracula, il Vampiro più famoso di tutti i tempi;
  • J. R. R. Tolkien riportò in auge, tramite "Il Signore degli Anelli" e tutta una serie di racconti sconosciuti ai più, l'intera gamma di creature dell'immaginario nordico, quali elfi, nani, orchi, draghi, wurm e chi più ne ha più ne metta;
  • Il cinema ci ha regalato rappresentazioni, a volte patetiche, a volte terrificanti e a volte intriganti, di diverse creature, dagli zombi (a cui voglio prestissimo dedicare un post) ai nuovi mostri del Novecento post-atomico, dagli Alieni ai prodotti di strane mutazioni determinate dalle radiazioni, come formiche giganti, donne dall'altezza innaturale e, soprattutto, Godzilla, il rettile che più di tutti gli altri non vorreste ritrovarvi in casa, fosse anche solo per il fatto che la vostra casa non esisterebbe più;
  • Dungeons & Dragons, il gioco di ruolo più famoso del mondo, che rappresenta per altro un'ottima giustificazione per trovarsi tutti intorno ad un tavolo con bottiglie di vino e pratico salame, ha poi accolto nel suo bestiario tutte le creature scaturite dall'immaginazione di diversi popoli e in diverse ere;
  • Strettamente legato a noi italiani è poi un certo investigatore, con poca fantasia nel vestire e un forte ascendente sulle donne.
Devo però, con forte rammarico, notare, in quanto sopra citato, la totale assenza di alcune delle creature che più hanno popolato le fantasie di noi occidentali nel Medioevo, dimostrazione che anche noi, che adesso ci definiamo civili, abbiamo avuto la nostra buona dose di superstizione. Per questa serie di creature, ritenute diffuse in tutti i territori esterni al limes dell'Impero Romano, vi do una serie di indicazioni, tratte dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio:

[Blemmae] traduntur capita abesse, ore et oculis pectore adfixis

idem hominum genus, qui Monocoli vocarentur, singulis cruribus, mirae pernicitatis ad saltum; eodem Sciapodas vocari, quod in maiore aestu humi iacentes resupini umbra se pedum protegant.

Grazie alla simpatica "foto di gruppo" riportata qua a fianco, anche i meno avvezzi al Latino capiranno di cosa sto parlando. Da sinistra verso destra vediamo riportati infatti: uno Sciapode (o Monocolo), le cui principali attività, traduco da Plinio, consistevano nel saltare o nel ripararsi dal Sole, sempre tramite l'unico, enorme piede; segue un Arimaspa, versione ristretta del gigantesco Ciclope; un Pigmeo (!), a cui l'autore di questo ritratto attribuisce due teste, probabilmente perché una sola lo avrebbe fatto facilmente passare per un bambino o un nano; un Blemma, che, direi, si commenta da solo e, infine, un Cinocefalo, versione ante litteram del lupo mannaro.

Quest'ultimo potrebbe benissimo essere collegato alle diverse rappresentazioni del dio egizio
Anubi, che sicuramente l'Occidente, per tramite della diffusione dei culti egizi a Roma, conosceva. Voglio permettermi di proporre un'interpretazione simile per lo Sciapode, che mi viene da collegare ad alcune statue protettrici, reperibili nei sepolcri egizi, i cui piedi erano sostituiti da un unico blocco, per evitare che lasciassero il luogo dell'inumazione e facessero mancare al defunto la necessaria protezione. Del resto, l'Egitto ha donato a noi occidentali diversi miti, che in alcuni casi persistono ancora oggi: basti pensare alla leggenda di Atlantide, la cui origine Platone fa risalire alla terra dei Faraoni (spero che nessuno di voi, parlando di miti egizi che sopravvivono nel nostro tempo, abbia pensato a Stargate... nel caso, corro a prendere i ceci per la
vostra penitenza).

Per quanto riguarda i Blemmi, l'unica sfortuna del popolo africano, effettivamente esistito ed abitante delle regioni a sud dell'Egitto (sempre lui...), pare essere stata, come riporta lo studioso seicentesco Samuel Bochart, la traduzione del loro nome dall'ebraico, che suonerebbe come "privi di cervello (testa)". Anche i Pigmei subirono una sorte simile: pygmaios, in Greco, significa "alto un cubito", ossia circa 45 cm, un metro in meno della statura media dei veri Pigmei; gli studiosi medievali intesero alla lettera una frase che intendeva unicamente "di bassa statura" e vi aggiunsero altre caratteristiche mostruose, secondo una tendenza che si riscontra non solo per le creature fantastiche, ma anche per quelle reali.

Esistono poi tutta un'altra serie di creature mostruose, non riportate nella foto di gruppo di cui sopra, che condividono con le sopra citate l'aspetto umanoide, a cui si aggiungono mutilazioni, come gli Astomi privi di bocca, defomazioni, ad esempio nel caso degli Antipodi dai piedi rivolti all'indietro, o caratteristiche animali, come gli Ippopodi, aventi gli zoccoli al posto dei piedi.

Nel Medioevo, queste creature, di cui non veniva messa in discussione l'esistenza ma la funzione all'interno del disegno divino, furono oggetto di speculazione da parte di personalità importanti, tra cui Agostino, i quali ritenevano che essi servissero da esempio e monito agli uomini: le loro caratteristiche mostruose, la mancanza di una civiltà e gli stili di vita animaleschi dovevano essere speculum di ciò che rischiavano coloro che abbandonavano la retta via. Non bisogna difatti dimenticare che, nella concezione naturalistica medievale, ogni animale ha una precisa simbologia ad esso correlata, come ad esempio la scimmia, intenta ad imitare l'uomo ma incapace nel suo intento, simbolo del Diavolo, dalla forte connotazione sessuale.

La cultura popolare del Novecento, però, non ha recuperato, se non nei casi più famosi (ciclopi, chimere, satiri) questa serie di esseri, probabilmente a causa delle loro caratteristiche: ai nostri occhi, un essere con un piede solo che saltella goffamente e, ad un certo punto, stremato, si riposa, utilizzando il proprio piede come ombrello, farebbe unicamente ridere. Lo stesso dicasi per un Acefalo, il quale, almeno per come è rappresentato nel Duomo di Ferrara (foto), sarebbe parecchio buffo. L'unica soluzione per recuperarli sarebbe decisamente medievale, ossia dotarli di caratteristiche mostruose, magari aggiungendo un pizzico di contemporaneità, citando un'alta dose di radiazioni o, meglio ancora, una mutazione genetica indotta dagli esperimenti perversi di una multinazionale del settore farmaceutico.

Prima di chiudere questo capitolo, dedicato al fantastico ante litteram, non posso non citare un autore greco, Luciano di Samosata, il quale, circa 1700 anni prima di Jules Verne, scrisse di viaggi sulla Luna, guerre stellari e creature fantastiche, come gli agguerriti Cazzo-di-cane, i quali, leggo nei vostri pensieri e li smentisco, non
guerreggiavano a casaccio. Il libro in questione è la "Storia Vera", reperibile anche in edizione economica (almeno qualche anno fa, quando, incuriosito, lo acquistai): se siete appassionati del genere Fantastico, dedicate un pomeriggio alla sua lettura.

sabato 23 febbraio 2008

Tahalka

Aaaah, che bello viaggiare sui pullman statali deluxe dell'Himachal Pradesh: comodi, spaziosi e soprattutto con una scelta delle proiezioni davvero notevole.

Ormai più di un anno fa, tornando da Shimla su uno di questi pullman, il mio sguardo, perso tra i boschi e i rilievi che si possono ammirare dalla strada che conduce verso Chandigarh e, di conseguenza, verso Delhi, fu ad un certo punto rapito dal film che l'Himachal Tourism aveva deciso di regalare a noi fortunati: Tahalka.

Diretto nel 1982 da tale Anil Sharma, il film narra dell'impresa di un commando, guidato dall'interpido maggiore Krishna Rao (Naseeruddin Shah), che deve fermare il perfido generale Dong, interpretato da Amrish Puri, che i più ricorderanno per l'eleganza con cui strappava cuori in Indiana Jones e il tempio maledetto, che, dall'impenetrabile fortezza di Dongri-La (!) nel Kashmir vuole conquistare, guarda caso, l'Asia, con un piano diabolico: ergersi sulle macerie di un conflitto tra India, Cina e Pakistan.

Perché raccontare di un film dalla trama scontata e con un finale prevedibile? Per via del generale Dong, la cui bellezza ed eleganza potete intuire dalla foto qua a fianco, a mio avviso uno dei cattivi più geniali della storia del cinema.


Abilissimo nel suonare il sitar, vi si dedica in ogni momento
di riflessione, come Sherlock Holmes con il suo violino o Dylan Dog con il suo clarinetto. Una delle scene madri del film è quella in cui Dong, vero personaggio da avanspettacolo, irato per una sconfitta subita dal suo esercito per mano del commando del maggiore Rao, suona il sitar con una foga indescrivibile, tanto da farsi sanguinare le dita, mentre il suo entourage canta e balla nella miglior tradizione bollywoodiana. Un'altra sua caratteristica saliente è la risata stridula, a cui spesso si accompagna una filastrocca mista Hindi/Inglese che gioca sulla rima tra "Dong" e "no wrong".

E che dire dei membri del commando, che oltre al maggiore Rao, sempre ligio alla divisa dell'esercito indiano, comprende una serie di personaggi con un pessimo gusto nel vestire, che assaltano fortezze vestendosi come Tony Manero?

Peronaggi improbabili, riprese discutibili, canti e balletti totalmente fuori contesto, recitazione (eccettuati il maggiore Rao e il generale Dong) pressoché inesistente... this is Bollywood!

venerdì 22 febbraio 2008

L'evoluzione della specie

Incredibile ma vero: oggi la Airtel, il mio gestore telefonico qua in India, ha appena lanciato una grande promozione, grazie alla quale, con solo 1299 rupie al mese (22 euro) + 12,25% di service tax la mia velocità internet casalinga diventa di ben 512 kbps.

Rejoice!

Restando in materia di informatica, una settimana fa mi è venuta in mente una frase, attribuita a Bill Gates e datata 1981:
640 kb ought to be enough for everybody
Naturalmente il patron di Microsoft ha poi, negli anni successivi, negato di aver mai detto una frase del genere, anche perché ormai 640 kb è la dimensione di un file di Word abbastanza elaborato.

Leggendo questa frase e vedendo i requisiti dei sistemi operativi di oggi, in particolare Windows "Vampiro" Vista, sgorga una lacrima, al pensiero di una piccola scritta bianca su schermo nero, che accompagnò i miei primi passi nel mondo del computer: C:\>

lunedì 18 febbraio 2008

Ricerca e sviluppo, all'Indiana

La tecnologia ha avuto un forte impatto su come, al giorno d'oggi, viene condotta una guerra e miliardi di dollari vengono investiti ogni anno dalle grandi potenze in programmi di ricerca e sviluppo. La mia recente partecipazione al DefExpo di New Delhi mi ha dato modo di vedere alcune delle più avanzate tecnologie realizzate a supporto degli eserciti moderni: ben poco da invidiare alla fantascienza.

La realizzazione di un report sul settore Difesa in India, mi ha portato a navigare parecchio in internet alla ricerca di informazioni. Durante le mie ricerche, mi sono imbattuto, sul sito della BBC News, in un articolo abbastanza curioso, datato 14 maggio 2002, che riporto di seguito.

Per i meno anglofoni, riassumo brevemente: l'esercito Indiano sta portando avanti un programma per la realizzazione di nuove armi, nuovi equipaggiamenti e nuove razioni, basandosi su un testo di più di 2300 anni fa. Secondo gli scienziati che lavorano al progetto, il libro potrà fornire, una volta completamente tradotto, anche una serie di indicazioni sulla guerra biologica e chimica.

India defence looks to ancient text

by Shaikh Azizur Rahman

Indian scientists are turning to an ancient Hindu text in their search for the secrets of effective stealth warfare. They believe the book, the Arthashastra, written more than 2,300 years ago, will give Indian troops the edge on their enemies.

India's Defence Minister George Fernandes has approved funding for the project, and told parliament recently that experiments had begun. The research is being carried out by experts from the Defence Research and Development Organisation and scientists from the University of Pune and National Institute of Virology in western India.

The book includes the recipe for a single meal that will keep a soldier fighting for a month, methods of inducing madness in the enemy as well as advice on chemical and biological warfare.

Powders and remedies

The book was written by military strategist Kautilya, also known as Chanakya and Vishnugupta, a prime minister in the court of India's first emperor Chandragupta Maurya, in the fourth century BC.

"All of us are excited about the possibilities and do not for a moment think that the idea is crazy," said Professor SV Bhavasar, a space scientist who has spent many years researching the Arthashastra. "Decoding ancient texts is not an easy task but we are very hopeful of success," he added.

According to a Pune University report, the book says that soldiers fed with a single meal of special herbs, milk and clarified butter can stay without food for an entire month. Shoes made of camel skin smeared with a serum made from the flesh of owls and vultures can help soldiers walk hundreds of miles during a war without feeling tired. A powder made from fireflies and the eyes of wild boar can endow soldiers with night vision.

Chemical warfare

Kautilya wrote in the Arthashastra that a ruler could use any means to attain his goal, and Book XIV touches on aspects of chemical and biological warfare. The book says that smoke from burning a powder made from the skin and excreta of certain reptiles, animals and birds can cause madness and blindness in the enemy. The book also provides the formula to create a lethal smoke by burning certain species of snakes, insects and plant seeds in makeshift laboratories.

"Our focus at present is on how humans can control hunger for longer durations and walk for longer period without experiencing fatigue"

Project leader Dr VS Ghole, head of the environmental engineering department of Pune university, said the team was now focusing on the methods of controlling hunger and increasing stamina. "Once we have made some headway we will go into researching Kautilya's notes on night vision and other fields," he said.

Professor SV Bhavasar said the team also had plans to research other ancient Hindu texts. These include manuscripts which "claim to provide secrets of manufacturing planes which can not be destroyed by any external force, could be motionless in the sky and even invisible to enemy planes."

La mitologia induista è piena di armi, equipaggiamenti e veicoli dalle proprietà magiche, dotati di un enorma potere distruttivo. Un esempio su tutti è dato dai Vimana, citati nell'ultimo paragrafo dell'articolo, ossia i carri degli Dei capaci di volare, immergersi e procedere su terra, decisivi nelle battaglie descritte nei poemi Mahabharata e Ramayana,
molto in voga tra gli "ufologi" che cercano di dimostrare un interazione tra uomini e alieni in epoche preistoriche e storiche, i quali sostengono che i Vimana altro non furono che astronavi aliene.

Come si evince dall'articolo, l'esercito indiano è convinto della bontà dei sistemi presentati nell'Arthashastra e probabilmente, prima o poi, cominceranno a tentare di riprodurre i Vimana. E se avessero ragione? Se davvero la supremazia militare non risiedesse nei miliardi di dollari investiti in Ricerca e Sviluppo, ma in una sapienza antica come la civiltà? E, soprattutto, se davvero questa conoscenza è sempre stata nostra, perché è stata dimenticata?

mercoledì 13 febbraio 2008

Gwalior, Khajuraho e Orchha

Postato in origine sul blog MySpace, aprile 2007

Sulla Lonely Planet si legge che la situazione della rete stradale del Madhya Pradesh è molto scadente, migliore solo rispetto a quella del Bihar. A questo punto, dopo aver avuto esperienza di un paio di viaggi in pullman, il Jhansi - Khajuraho da sette ore circa e il Jhansi - New Delhi da dodici ore, mi vengono delle domande su cosa mi aspetterà se mai andrò nel Bihar... e le risposte non mi piacciono affatto.

A voler essere romantici, si potrebbe dire che sia stata una gita alla ricerca dell'antichissima gloria di quella che una volta era una delle regioni principali dell'India, il Bundelkhand, con una prima tappa in uno dei forti più contesi della storia dell'India.

Gwalior

Il primo impatto con Gwalior non è niente di speciale, anzi, vede il ripetersi della solita procedura da stazione indiana, con auto-walleh che ti pongono sotto assedio per portarti nell'albergo dove riceveranno una commissione. Arrivando da una notte insonne per essere sicuro di prendere il treno e da una breve dormita in treno, nell'afa di un caldo pomeriggio di aprile, devo dire che questa pratica risveglia istinti omicidi.

Capisci davvero il perchè ti sei fermato in questa città quando un auto ti porta fino all'Alamgiri Gate e, guardando in alto, vedi la fortezza in tutta la sua imponenza.

Non mi voglio soffermare su descrizioni architettonico-stilistiche del forte, per quello esistono già decine e decine di libri e guide, ma voglio fare un breve appunto sulle sensazioni che esso trasmette: la grandiosità dei portali d'accesso, la struttura che sembra spuntare dalla roccia, l'aria di impenetrabilità che traspare dalle strutture difensive, tutto concorre a darti un senso di impotenza quando sei sotto di esso e di invincibilità quando vi sei dentro.

La gente poi mi è sembrata abbastanza premurosa, e, a riprova di ciò, posso dire che, per la prima volta da quando sono in India, un ristorante si è rifiutato di servire una pietanza a base d'agnello poiché la carne non era fresca. Quest'accortezza, che a noi in Occidente parrebbe normale, qua in India ha molto valore, traccia di una cultura dell'ospitalità che, da quanto ho letto, ha sempre contraddistinto gli Indiani, ma che sovente viene dimenticata in favore di qualche rupia in più.

Datia

A molti questo nome non dirà niente, in effetti solo la guida del National Geographic, in un breve cenno, riporta di questa città, posta un centinaio di chilometri dopo Gwalior sulla linea ferroviaria, eppure mi ha incuriosito ciò che ho visto, sebbene solo per pochi minuti mentre il Punjab Mail mi portava a Jhansi.
Il paesaggio sulla tratta Gwalior - Jhansi è disseminato di rovine di quelli che una volta dovevano essere forti, palazzi e templi dell'epoca dei Bundela: in alcuni casi cumuli di macerie, come in un luogo a cui non sono riuscito a dare un nome a un'ora circa di treno da Gwalior, ma in altri casi si tratta di posti che potrebbe valere la pena visitare, come il palazzo che ho visto poco prima della stazione ferroviaria di Datia.

Potrebbe anche, ma su questo non mi voglio ancora sbilanciare, essere interessante fare tutta quella strada in macchina (e qui si vede l'archeologo): spero di poterlo fare presto, dal momento che è abbastanza comodo da Delhi.

Khajuraho

Anche in questo caso non voglio parlare dei templi più famosi di Khajuraho, quelli del complesso occidentale e del complesso Jain, stranoti nel mondo per le sculture erotiche (questo è un termine edulcorato, molto da guida turistica: si può tranquillamente parlare di pornografia), che sono comunque di una bellezza incredibile, anche per la qualità dell'esecuzione, ma di altre cose che mi hanno colpito durante la mia visita.

Un tempio di Brahma? Ma...

Ai confini del villaggio vecchio di Gwalior si trova un tempietto, piccolo e peraltro non granchè bene conservato, che probabilmente non avrebbe meritato più di uno sguardo veloce, se non fosse per una frase detta da Rishi, il ragazzo che mi faceva da guida: this is a Brahma temple. Cinque parole, ma abbastanza da stimolare il mio interesse, dal momento che non dovrebbero esistere altri templi di Brahma su questa Terra, se non quello di Pushkar.

Stando alla guida di Khajuraho edita dall'Archaeological Survey of India, l'attribuzione del tempio ad un culto di Brahma sarebbe errata e da ascrivere alla presenza di un lingam a quattro facce scambiata per la rappresentazione canonica del Dio, ossia una persona con quattro facce barbute rivolte verso i quattro punti cardinali. Non mi voglio sbilanciare troppo, dal momento che la mia conoscenza dell'arte e della cultura induista del periodo Chandela è relativamente scarsa, ma è interessante notare come le quattro facce del presunto Brahma siano effettivamente orientate, sebbene con approssimazione, verso i quattro punti cardinali; è altresì interessante notare come la tradizione del luogo attribuisca il tempio effettivamente a Brahma, specificando che non vi è più alcun culto in esso, in osservanza alla maledizione scagliata dalla moglie Saraswati.

Secondo quanto riferitomi da più persone a Khajuraho, esisterebbe almeno un ulteriore tempio di Brahma in India e, documentandomi, ho trovato che ce ne sono almeno altri due o tre sparsi per il subcontinente, di cui uno a Goa, più altri fuori dall'India, ad Angkor Wat, in Cambogia, ed a Prambanan, in Indonesia. A questo punto potrebbe diventare molto interessante capire in basi a quali fattori Pushkar ha assunto sempre più importanza, fino a diventare per molti l'unico tempio.

Vita da villaggio

Un'altra occasione è stata il poter visitare il villaggio vecchio di Khajuraho, dove finalmente ho potuto capire, almeno per quanto riguarda quella zona, cosa si intende per vivere in un piccolo centro di provincia indiano. Colgo tra l'altro l'oocasione ringraziare un ragazzo del luogo, Rishi Singh, che tra l'altro parla un buon italiano, per essere un autodidatta, per essere stato un'ottima guida.

Nonostante gli sforzi dei padri dell'indipendenza indiana e di Gandhi in particolare per eliminare il sistema delle caste, esso permea e regola ancora la vita all'interno di una comunità rurale. Spiegando per brevi cenni, le caste indiane, che a loro volta si suddividono in decine e decine di sottocaste, sono quattro:

- Brahmin, i religiosi, che, a differenza di quanto avviene col Cristianesimo e l'Islam, non sono legati ad una dogmatica od organizzati all'interno di una struttura ecclesiastica;
- Kshatriya, la casta dei guerrieri e dei dominatori;
- Vaishya, la casta dei commercianti e di quella che noi potremmo definire "borghesia";
- Shudra, la casta degli agricoltori e dei servitori, a cui ogni tanto vengono associati anche i paria, gli "intoccabili", che sono invece fuori dal sistema delle caste.

Questa differenza si nota innanzitutto nell'impianto urbanistico: il villaggio è suddiviso in quattro quartieri, uno per casta, ognuno dotato del suo tempio, che tra l'altro in molti casi si avvale di reperti dei templi circostanti (non indignatevi: con quale materiale pensate sia stata costruita la Roma medievale e rinascimentale?). Le case degli appartenenti alle caste più alte, hanno delle facciate tutto sommato dignitose, ma non mi posso pronunciare sugli interni, che spesso in India non rispettano la cura riposta alla facciata. A ben pensarci, questa è un'epitome della cultura indiana, dove, di fronte alla società e alla famiglia, è necessario mantenere una facciata pulita e di rispettabilità, quale che sia poi la realtà.

Mi ha colpito abbastanza, sebbene, a rifletterci, sia perfettamente coerente con la cultura indiana, un particolare architettonico delle case nel quartiere Sudra, ossia le porte delle case molto basse. Mi è stato spiegato che è voluto, in modo che, quando il servitore esce dalla casa chiamato dal padrone, sia già inchinato a rendere omaggio.

Ricordo divertito dei bambini, seduti sul marciapiede nella zona Brahmin del villaggio, mostrarmi con orgoglio il proprio quaderno con le parole scritte in Inglese, chiedendomi di leggere le parole scritte in esse, e poi, alla frase "Yeh bohot achchha hain. Kisko hain?" (E' molto bello. Di chi è?), contendersi fervidamente la paternità dell'opera.

Il mio intestino ricorderà poi con piacere l'overdose di fermenti lattici che gli ho procurato con la quantità immane di lassì che ho bevuto da un vecchietto, titolare di un negozietto non lontano dall'ingresso del complesso occidentale.

Mau e Nowgong

Ecco sicuramente due nomi che non diranno niente a nessuno: due normalissimi centri di provincia indiana, lungo la strada che da Chhatarpur porta a Jhansi, che, immagino con forte ironia, dal momento che non riesco a trovare altra spiegazione, viene definita National Highway 75.

Mau è sede di un tempio, arroccato sulla cima della collina, dedicato a Shri Ganesh-ji, come lo nominerebbero gli Indiani stessi, risalente all'VIII - IX secolo d.C., che purtroppo non mi sono potuto fermare a visitare, causa una tabella di marcia relativamente stretta per poter visitare Orchha e, soprattutto, a causa del fatto che neanche ne sospettavo l'esistenza, prima di passarvi davanti.

Di Nowgong mi ha lasciato un po' sorpreso ed un po' divertito la reazione degli abitanti, evidentemente non abituati a vedere molti occidentali fermarsi nel loro villaggio, consumare una dose massiccia di succhi di frutta e rivolgersi a loro in un Hindi relativamente abbozzato, ma che loro riuscivano a capire.

Orchha

A dire il vero, avendo deciso di non soffermarmi sulla descrizione in senso stretto dei luoghi visitati, per quanto magnifici, come nel caso della grande fortezza di Orchha, non ho molto da dire su questa località, salvo fare una nota estremamente positiva sulla totale mancanza di qualunque procacciatore d'affari, una condizione estremamente rilassante per l'ultimo giorno di una gita.

USA 2008 - Forza Barack


Barack Obama rappresenta la volontà di cambiare dell'America, sia al suo interno che nel modo in cui il resto del mondo la vede.

Per questo spero che diventi Presidente.

Ad ogni modo, chiunque sarà eletto quarantaquattresimo Presidente degli Stati Uniti d'America, sia esso repubblicano o democratico, difficilmente riuscirà a fare peggio del suo predecessore.


A meno che non sia Huckabee, ovviamente.

Forza Barack!

Perché un blog?

Per condividere le mie impressioni, le mie idee e le mie opinioni su diversi argomenti.

Per condividere le "scoperte" che faccio durante i miei numerosi (mai quanto vorrei) viaggi, avvantaggiato dal vivere in India, il Paese che più di tutti, nell'immaginario di noi occidentali, evoca l'esotico, il mistero e il fascino di un mondo lontano. Mark Twain scriveva

India is the cradle of the human race, the birthplace of human speech, the mother of history, the grandmother of legend and the great grandmother of tradition. Our most valuable and most instructive materials in the history of man are treasured up in India only.
Non voglio però trattare solo di India, o di qualche altro argomento particolare: voglio seguire il torrente dei miei pensieri e vedere dove mi porterà.

P.S. Avevo già un blog su MySpace: riportando la data originale, "trascriverò" (tramite la magica combinazione CTRL+C - CTRL+V) i suoi contenuti sul nuovo blog.