domenica 24 febbraio 2008

Fantastico I

L'immaginario collettivo del Novecento, grazie all'invenzione del genere Fantastico, ha riciclato probabilmente tutte le creature mitologiche e mitiche apparse in ogni angolo del pianeta e in ogni epoca. Per fare una breve carrellata di alcuni degli argomenti che mi piacerebbe approfondire nei prossimi post di questa rubrica, che dimostra perfettamente come i miei pensieri siano in troppa libertà:
  • H. P. Lovecraft, precursore del genere Fantastico, oltre ad aver inventato un Pantheon di divinità dai nomi impronunciabili come Chtulhu e Shub Niggurath, accomunate da una perversa crudeltà nei confronti del genere umano, riciclò la divinità cananea Dagon;
  • Bram Stoker riprese una leggenda diffusa soprattutto nell'Est Europa, grazie anche a quella gran donna di Erzsebet Bathory, la condì con la figura storica di tale Vlad Tepes, noto impalatore, ed ottenne Dracula, il Vampiro più famoso di tutti i tempi;
  • J. R. R. Tolkien riportò in auge, tramite "Il Signore degli Anelli" e tutta una serie di racconti sconosciuti ai più, l'intera gamma di creature dell'immaginario nordico, quali elfi, nani, orchi, draghi, wurm e chi più ne ha più ne metta;
  • Il cinema ci ha regalato rappresentazioni, a volte patetiche, a volte terrificanti e a volte intriganti, di diverse creature, dagli zombi (a cui voglio prestissimo dedicare un post) ai nuovi mostri del Novecento post-atomico, dagli Alieni ai prodotti di strane mutazioni determinate dalle radiazioni, come formiche giganti, donne dall'altezza innaturale e, soprattutto, Godzilla, il rettile che più di tutti gli altri non vorreste ritrovarvi in casa, fosse anche solo per il fatto che la vostra casa non esisterebbe più;
  • Dungeons & Dragons, il gioco di ruolo più famoso del mondo, che rappresenta per altro un'ottima giustificazione per trovarsi tutti intorno ad un tavolo con bottiglie di vino e pratico salame, ha poi accolto nel suo bestiario tutte le creature scaturite dall'immaginazione di diversi popoli e in diverse ere;
  • Strettamente legato a noi italiani è poi un certo investigatore, con poca fantasia nel vestire e un forte ascendente sulle donne.
Devo però, con forte rammarico, notare, in quanto sopra citato, la totale assenza di alcune delle creature che più hanno popolato le fantasie di noi occidentali nel Medioevo, dimostrazione che anche noi, che adesso ci definiamo civili, abbiamo avuto la nostra buona dose di superstizione. Per questa serie di creature, ritenute diffuse in tutti i territori esterni al limes dell'Impero Romano, vi do una serie di indicazioni, tratte dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio:

[Blemmae] traduntur capita abesse, ore et oculis pectore adfixis

idem hominum genus, qui Monocoli vocarentur, singulis cruribus, mirae pernicitatis ad saltum; eodem Sciapodas vocari, quod in maiore aestu humi iacentes resupini umbra se pedum protegant.

Grazie alla simpatica "foto di gruppo" riportata qua a fianco, anche i meno avvezzi al Latino capiranno di cosa sto parlando. Da sinistra verso destra vediamo riportati infatti: uno Sciapode (o Monocolo), le cui principali attività, traduco da Plinio, consistevano nel saltare o nel ripararsi dal Sole, sempre tramite l'unico, enorme piede; segue un Arimaspa, versione ristretta del gigantesco Ciclope; un Pigmeo (!), a cui l'autore di questo ritratto attribuisce due teste, probabilmente perché una sola lo avrebbe fatto facilmente passare per un bambino o un nano; un Blemma, che, direi, si commenta da solo e, infine, un Cinocefalo, versione ante litteram del lupo mannaro.

Quest'ultimo potrebbe benissimo essere collegato alle diverse rappresentazioni del dio egizio
Anubi, che sicuramente l'Occidente, per tramite della diffusione dei culti egizi a Roma, conosceva. Voglio permettermi di proporre un'interpretazione simile per lo Sciapode, che mi viene da collegare ad alcune statue protettrici, reperibili nei sepolcri egizi, i cui piedi erano sostituiti da un unico blocco, per evitare che lasciassero il luogo dell'inumazione e facessero mancare al defunto la necessaria protezione. Del resto, l'Egitto ha donato a noi occidentali diversi miti, che in alcuni casi persistono ancora oggi: basti pensare alla leggenda di Atlantide, la cui origine Platone fa risalire alla terra dei Faraoni (spero che nessuno di voi, parlando di miti egizi che sopravvivono nel nostro tempo, abbia pensato a Stargate... nel caso, corro a prendere i ceci per la
vostra penitenza).

Per quanto riguarda i Blemmi, l'unica sfortuna del popolo africano, effettivamente esistito ed abitante delle regioni a sud dell'Egitto (sempre lui...), pare essere stata, come riporta lo studioso seicentesco Samuel Bochart, la traduzione del loro nome dall'ebraico, che suonerebbe come "privi di cervello (testa)". Anche i Pigmei subirono una sorte simile: pygmaios, in Greco, significa "alto un cubito", ossia circa 45 cm, un metro in meno della statura media dei veri Pigmei; gli studiosi medievali intesero alla lettera una frase che intendeva unicamente "di bassa statura" e vi aggiunsero altre caratteristiche mostruose, secondo una tendenza che si riscontra non solo per le creature fantastiche, ma anche per quelle reali.

Esistono poi tutta un'altra serie di creature mostruose, non riportate nella foto di gruppo di cui sopra, che condividono con le sopra citate l'aspetto umanoide, a cui si aggiungono mutilazioni, come gli Astomi privi di bocca, defomazioni, ad esempio nel caso degli Antipodi dai piedi rivolti all'indietro, o caratteristiche animali, come gli Ippopodi, aventi gli zoccoli al posto dei piedi.

Nel Medioevo, queste creature, di cui non veniva messa in discussione l'esistenza ma la funzione all'interno del disegno divino, furono oggetto di speculazione da parte di personalità importanti, tra cui Agostino, i quali ritenevano che essi servissero da esempio e monito agli uomini: le loro caratteristiche mostruose, la mancanza di una civiltà e gli stili di vita animaleschi dovevano essere speculum di ciò che rischiavano coloro che abbandonavano la retta via. Non bisogna difatti dimenticare che, nella concezione naturalistica medievale, ogni animale ha una precisa simbologia ad esso correlata, come ad esempio la scimmia, intenta ad imitare l'uomo ma incapace nel suo intento, simbolo del Diavolo, dalla forte connotazione sessuale.

La cultura popolare del Novecento, però, non ha recuperato, se non nei casi più famosi (ciclopi, chimere, satiri) questa serie di esseri, probabilmente a causa delle loro caratteristiche: ai nostri occhi, un essere con un piede solo che saltella goffamente e, ad un certo punto, stremato, si riposa, utilizzando il proprio piede come ombrello, farebbe unicamente ridere. Lo stesso dicasi per un Acefalo, il quale, almeno per come è rappresentato nel Duomo di Ferrara (foto), sarebbe parecchio buffo. L'unica soluzione per recuperarli sarebbe decisamente medievale, ossia dotarli di caratteristiche mostruose, magari aggiungendo un pizzico di contemporaneità, citando un'alta dose di radiazioni o, meglio ancora, una mutazione genetica indotta dagli esperimenti perversi di una multinazionale del settore farmaceutico.

Prima di chiudere questo capitolo, dedicato al fantastico ante litteram, non posso non citare un autore greco, Luciano di Samosata, il quale, circa 1700 anni prima di Jules Verne, scrisse di viaggi sulla Luna, guerre stellari e creature fantastiche, come gli agguerriti Cazzo-di-cane, i quali, leggo nei vostri pensieri e li smentisco, non
guerreggiavano a casaccio. Il libro in questione è la "Storia Vera", reperibile anche in edizione economica (almeno qualche anno fa, quando, incuriosito, lo acquistai): se siete appassionati del genere Fantastico, dedicate un pomeriggio alla sua lettura.

1 commento:

Unknown ha detto...

Дякую, дуже цікава стаття :)
Nastia, Ukraine.